lunedì 5 gennaio 2015

Anno nuovo, stessa NBA

Passa il tempo, ma ci sono certe cose che non cambiano:
come lo spettacolo che offre il basket americano ogni volta che i suoi atleti calcano il parquet. In questi anni, quelli del recente passato, abbiamo potuto assistere alla nascite di dinastie inaspettate, l'exploit di roster storici e compatti ed anche alla conferma definitiva che il tempo è in grado di mostrarsi galantuomo nonostante il trascorrere degli anni soprattutto quando il talento non manca e come il vino più invecchia, più diventa pregiato.
Ovviamente sto parlando rispettivamente dei Miami Heat, dei Dallas Mavericks e degli ormai leggendari San Antonio Spurs di Tim Duncan, Manu Ginobili e Tony Parker straordinariamente condotti dal generale Gregg Popovich, che siede sulla panchina texana ormai da quasi 20 anni.

Eppure, nonostante determinati equilibri che si erano venuti a creare nelle passate stagione e che attualmente sono cambiati per valori tecnici e stravolgimento di mercato nella off-season, il campionato di pallacanestro più seguito del mondo sta offrendo un livello agonistico e tecnico che forse non si era mai visto da una decina di anni ad oggi. Ad est e ad ovest la concorrenza è spietata, e soprattutto nella Western Conference rischiano di non staccare il biglietto per i playoff nemmeno con il 52% di record all'attivo. 

La maggior parte degli amanti della palla a spicchi pensavano che con lo scoglimento dei Big Three di Miami, vista il ritorno a "casa" di Lebron James, ed il peso del tempo sulle spalle (ma soprattutto sul ginocchio sinistro) di Tim Ducan pensavano di assistere ad una stagione di basso profilo, se non addirittura anonima: ma ci sbagliavamo di grosso. Mai come quest'anno sono esplosi definitivamente talenti e soprattutto quintetti capaci di fondere contemporaneamente un ottimo affiatamento e la classe sconfinata dei rispettivi primi violini.

Per ora non è il caso di entrare subito nel merito, ma durante questo campionato sono arrivati finalmente a splendere tutti quei cestiti ai quali mancava ancora qualcosina per raggiungere l'olimpo dell'odierna generazione baskettara: gente come Curry, Thompson, Lillard, Davis, Harden, Lowry e Wall rappresentano il NBA di oggi e saranno senz'altro i giocatori del futuro.

Parlando dei team. Ad est, Atlanta fa la voce grossa sull'asse Teague-Millsap, seguita dai dinosauri di Toronto e dai tori di Chicago mentre per LeBron (attualmente fermo ai box per infortunio) il ritorno a casa si sta rivelando essere molto più difficile del solito, se non traumatico. A ponente, dispiace notare che Memphis ha lasciato parecchio spazio a Dallas e Portland; i GSW sono attualmente irrangiungibili e sono di gran lunga la squadra più efficace e spettacolare del campionato, brava a giocare di schemi ed in campo aperto. Semplicemente superbi.

Discorso a parte meritano i Lakers ed i Miami Heat: due franchigie dall'andamento completamente diverso. I gialloviola hanno perso alla prima partita Randle, lungo proveniente dal draft sul quale puntavano tanto, ed il solo Kobe - ritornato alla grandissima dal doppio infortunio - evidentemente non basta e a tratti sembra essere controproducente: non è accerchiato da fuoriclasse, ma è indubbio che la ricostruzione ripartirà quando lui (chissà quando) deciderà di appendere le scarpe al chiodo. I 45 milioni in due anni sono tantissimi, troppi forse anche per uno come lui a 36 anni.

Miami invece sembra aver risposto bene - meglio di quanto mi aspettassi - al mancato three peat e alla perdita del loro giocatore più rappresentativo: Wade è ancora un fattore e Spoelstra tutto sommato sta gestendo bene le turnazioni. Ma nella loro division la lotta è serratissima ed è ancora tutto da vedere.

Manca tantissimo tempo per capire chi potrebbe effettivamente vincere l'anello 2015 e rappresentare l'ammazzacampionato. Siamo da poco entrati nel nuovo anno e c'è una stagione ancora da vivere. Ne vedremo delle belle. Voi che ne dite?

Alessandro Alberto Odipoo Di Porzio


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