venerdì 1 agosto 2014

Piste da (s)ballo

L’automobilismo degli albori ed il motociclismo fino ad una trentina di anni fa hanno disputato gare, anche con titolazione mondiale, nei posti più assurdi e nei circuiti più improponibili che si siano mai visti. Pur considerando la forte tradizione dei paesi del Commonwealth, da sempre avvezzi allo stradismo su moto più estremo (Tourist Trophy, Northwest 200), non si può citare ancora con terrore il terribile stradale di Imatra, velocissimo circuito che includeva addirittura un passaggio attraverso un passaggio a livello ed utilizzato fino al 1982 dal motomondiale.



Nei decenni però, i centauri a due ruote hanno saputo farsi rispettare spesso e volentieri incrociando le braccia e rifiutandosi di scendere in pista in situazioni limite, come ad esempio a Nogaro proprio nell’82 (sic), o a Misano nell’89. In entrambi i casi, sotto accusa erano le pessime condizioni del circuito ed i big (meno qualcuno) scioperarono non gareggiando. Circuito comune a F1 e motomondiale fu quello del parco Montjuic a Barcellona, un budello velocissimo e molto tecnico , ma anche drammaticamente pericoloso, che si snodava tra le colline cittadine. E fu proprio una tragedia a sancirne l’abbandono da parte delle automobili nel 1975. Dopo prove turbolente, con minacce di sciopero a causa delle pietose misura di sicurezza del tracciato, la gara vide il suo epilogo nel tragico volo di Rolf Stommelen, in quel momento in testa, che fu catapultato oltre le barriere a causa del distacco dell’alettone posteriore, ferendosi gravemente e uccidendo alcune persone tra il pubblico.

Il "decollo" della monoposto di Stommelen


La monoposto di Stommelen dopo il tragico "volo"
Probabilmente però, il Montjuic non era il circuito peggiore che si fosse mai visto. Nel 1958 e nel ’60 i bolidi della massima formula avevano gareggiato ad Oporto, in un tracciato urbano con binari del tram, pavé e addirittura pali della luce scoperti, che però non facevano scalpore se solo si pensa al fatto che fino ai primi anni ’70, a Monaco si correva con le bitte del porto in bella evidenza a bordo pista. 
Il massimo lo si ha quando il circuito “insano” diviene anche il teatro dell’ultima sfida decisiva per il titolo. Accadde nel 2000 a Novo Mesto, in Slovenia, quando i malcapitati piloti del Campionato Europeo Turismo si giocarono l’alloro in una ex base militare risalente alla guerra fredda, con rifugi in pietra a bordo pista, fondo misto asfalto/cemento su un tracciato di soli 2 km e 5 metri, e soprattutto in mezzo a tonnellate di fango portate sul tracciato da una pioggia incessante. Probabilmente la palma del posto più assurdo dove giocarsi il titolo spetta al tracciato di Las Vegas, teatro dell’ultima gara stagionale nel biennio ‘81/’82 del Gp Caesar’s Palace.



Il nome non è frutto di un errore o di una sponsorizzazione della titolazione, ma semplicemente l’indicazione del luogo in cui fu corso il gran premio, ossia il parcheggio del famoso hotel della città del vizio. Il tracciato ricordava una “E” in pianta ed era infarcito di tornanti e di avanti/indietro per ricavare il massimo sviluppo in termini di lunghezza sfruttando il pur enorme spazio presente al massimo.

Il circuito di Las Vegas visto dall'alto
 

Per quanto sgradito ai piloti e sostanzialmente privo di spunti tecnici, il toboga di Las Vegas offrì due GP ricchi di emozioni che incoronarono campione rispettivamente Nelson Piquet e Keke Rosberg, gli unici due per i quali probabilmente il tracciato del Nevada sarà per sempre un ricordo dolce.

A sinistra Michele Alboreto, a destra Keke Rosberg (1982)


Nelson Piquet festeggia la vittoria del GP Ceaser's Palace (1981)


The Backmarker

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