giovedì 26 giugno 2014

La caduta di Natal: il tonfo del calcio italiano




In quel di Natal si è consumata uno dei momenti più tristi della storia del calcio italiano. L'Italia esce dal Mondiale, al girone di qualificazione, per la seconda volta consecutiva, sfornando una prestazione scialba contro l'Uruguay nello spareggio decisivo per il passaggio agli ottavi di finale.
Solo nei mondiali del 1962 e 1966 accadde la stessa cosa, però questa volta brucia molto di più rispetto a quattro anni fa, quando gli azzurri Campioni del Mondo uscirono a testa bassa dal mondiale sudafricano.
Si, perché, mentre quattro anni fa aleggiava nell'aria il fatto che il Lippi-bis non avrebbe (ri)portato i risultati del 2006 a causa di una squadra appagata della vittoria del Mondiale ed invecchiata di quattro anni, quest'anno c'erano tutte le premesse per disputare un ottimo Mondiale alla luce del percorso intrapreso nel 2010 da Prandelli.

IL FALLIMENTO DEL PROGETTO PRANDELLI - È stato lo stesso commissario tecnico ad ammettere il fallimento del suo percorso e a mettere se stesso sul banco degli imputati nella conferenza stampa post partita, momento in cui il cittì ed Abete hanno annunciato le loro dimissioni.
Eppure, il quadrienno di Prandelli è stato un percorso innovativo che ha fruttato l'arrivo in finale ad Euro 2012 (perso contro la Spagna pigliatutto di Del Bosque) e un terzo posto alla  Confederations Cup nel 2013.

IL GRUPPO - Prandelli ha basato il proprio progetto tecnico su dei concetti innovativi, quanto consolidati: il concetto di gruppo come squadra; possesso palla funzionale al gioco di squadra; team composto dal giusto mix di giovani e veterani. Questi sono stati i concetti, da sempre, espressi da Prandelli ed, infatti, la sua Nazionale si è contraddistinta per il consueto possesso palla e per la duttilità di adattamento dei singoli al fine di garantire il giusto equilibrio tattico (vedi De Rossi difensore centrale e Giaccherini esterno sinistro nel 3-5-2 utilizzato nell'ultimo europeo).
Nonostante i capisaldi, però, questa Nazionale è arrivata in Brasile con poche idee e confuse: forse per colpa dell'infortunio di Rossi e Montolivo, che hanno stravolto i piani del tecnico; per colpa dell'esplosione di calciatori come Immobile e Cerci, che lo hanno "condizionato"; la rinascita di Cassano uscito dal giro della Nazionale dal 2012 (e polemico con Prandelli perché "non si era più fatto vivo); il clima tropicale del Brasile che ha peggiorato la tenuta fisica della squadra. Insomma, parecchi fattori che, sommati alle prestazioni degli Azzurri, hanno determinato la debacle mondiale.

CICLO DELUDENTE - Nonostante i numerosi fattori, che hanno influenzato il Mondiale Azzurro, non bisogna dimenticarsi che sono i calciatori a comporre una squadra e a deciderne le sorti. Questa Nazionale è stata una squadra poco criticata, ma caricata dal peso di tante aspettative e, forse, leggermente sopravvalutata.
Eppure, era una Nazionale formata da senatori di esperienza e da "giovani" che nell'ultima stagione hanno disputato un grande campionato (alcuni rendendo più delle aspettative), ma non ancora pronti per un palcoscenico importante come la Coppa del Mondo.
È mancato soprattutto l'apporto del giocatore simbolo di questa generazione di calciatori: Mario Balotelli. Un calciatore di cui sono state tessute le lodi sin da adolescente, coccolato da sempre ogni volta che ha commesso uno sbaglio e sotto l'occhio dei riflettori per ogni minimo gesto, anche extra calcistico.
A ventiquattro anni è giusto fare un processo al calciatore che è stato da sempre osannato, che è stato trascinatore della Nazionale agli ultimi Europei e che doveva essere il simbolo del nostro calcio alla Coppa del Mondo.
Ma "Super Mario" è stato autore di prestazioni scialbe, dall'atteggiamento supponente e scontroso ed ha perso definitivamente l'occasione per smentire i suoi detrattori e tutti coloro che lo hanno definito un giocatore sopravvalutato.

Mario Balotelli
IL FUTURO - Il problema più serio riguarda il futuro della Nazionale e del calcio in Italia, poiché questo Mondiale ha rappresentato il fallimento di questo sport sia dal punto di vista tecnico che come sistema. Questo è il momento giusto per poter effettuare una rivoluzione vera e propria, a partire da infrastrutture adatte allo sviluppo dei vivai e delle future generazioni di calciatori, passando per la privatizzazione degli stadi per competere con le Big d'Europa.
Sono cose che verranno decise quando verrà colmato il vuoto di potere venutosi a creare improvvisamente dopo l'uscita di scena dell'Italia dal Mondiale.
Gianluigi Buffon e Cesare Prandelli
Però, probabilmente la cosa più importante è che, a partire da oggi ci sia una presa di coscienza da parte dell'attuale generazione dei calciatori nei confronti di se stessi per una maggiore responsabilità che rappresenterebbe il primo passo verso la maturazione.
I senatori di Berlino non ci sono più, adesso tocca a voi.
Andrea Pirlo

ODIPOO

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