mercoledì 16 luglio 2014

Quando la F.1 andava di moda



Gli anni ’80 sono stati sicuramente gli anni della moda, del “sotto il vestito niente” e dell’esagerazione estetica. Tra tutti gli sport, proprio la Formula 1 non poteva sfuggire al fascino della Milano da bere e delle sue sfilate prét-a-porter. A dare il “la” all’invasione degli stilisti nella massima formula fu Luciano Benetton da Treviso, che nel 1983 si associò alla Tyrrell diventando main sponsor, sulla scia dell’entusiasmo per il GP di New York, previsto in calendario per quell’anno e mai disputato.

Tyrrell-Benetton
 
L’anno dopo la casa italiana si accoppiò all’Euroracing Alfa Romeo, ma l’annata  fu negativa e quella ’85 lo sarebbe stata ancora di più.

Alfa Romeo-Benetton
 
Dunque, a stagione iniziata, la Benetton decise di acquistare e riportare in pista la Toleman (che aveva sfoggiato il marchio Sergio Tacchini in passato), rimasta ai box perché senza un fornitore di pneumatici, per poi ribattezzarla come Benetton nel 1986.  Tra alti e bassi, con due titoli piloti ed uno costruttori, la scuderia ha resistito fino ai primi anni 2000. 

Benetton-Toleman


Nel frattempo, negli stessi anni, la Minardi si accordò con Simod (scarpe sportive), la Brabham con Emporio Armani e poi Iceberg e la McLaren con Hugo Boss. A quel punto il ghiaccio era rotto ed i tempi maturi per una nuova sponsorizzazione totale, nacque così il Team El Charro, squadra che schierava in pista nella stagione ’87 l’AGS motorizzata Ford Cosworth aspirato. La vettura era un catafalco pesante, sovradimensionato e poco competitivo, ricavata da un doppio adattamento (prima al turbo e poi all’atmosferico) di una scocca Renault ’85 rimasta in magazzino. Con al volante il francese Pascal Fabre, la vettura andava così piano che ad un certo punto lo stato maggiore di El Charro, marchio stile western di gran moda negli anni ’80, decise coscientemente di puntare sulla lentezza per farsi pubblicità, con il povero Fabre umiliato da sei-sette doppiaggi a gara, che però gli garantivano alcuni minuti di inquadrature che altrimenti non avrebbe mai avuto. Sostituito Fabre con Moreno, il Team El Charro riuscì a guadagnare persino il punto del sesto posto ad Adelaide grazie alla squalifica di Senna, prima di abbandonare l’AGS, che avrebbe corso fino al ’91 da sola.


Monoposto Team El Charro


Meno bene andò alla Trussardi F1, che avrebbe dovuto correre le ultime gare proprio della stagione ’87. Era già tutto pronto: l’esperto team Middlebridge, proveniente dalla F.3000 inglese, avrebbe gestito le vetture motorizzate Megatron in pista, le foto di presentazione erano già state distribuite, Emanuele Pirro era stato designato per correre a Monza, Estoril, Jerez e Mexico City, Aguri Suzuki avrebbe guidato a Suzuka ed Adelaide. Ma pochi giorni prima del GP d’Italia scoppiò la grana: la Trussardi non può correre perché………è una Benetton!

Trussardi B186
 
Si, proprio così, una Benetton. La F.1 stava diventando una vetrina molto succulenta e, per accorciare i tempi e limitare le spese, Trussardi aveva acquistato un telaio Benetton dell’anno prima già motorizzato BMW, ma ribattezzato Megatron come già accaduto per Arrows e Ligier, affidando ad un team esterno la gestione in pista della squadra. Purtroppo per il patto della concordia questo non era possibile, in quanto la Trussardi era di fatto una Benetton privata gestita da un altro team e i privati non erano ammessi dal regolamento. Trussardi provò a smuovere le acque per partecipare lo stesso, ma senza troppa convinzione e finì col rinunciare, già stanco di quel mondo così dorato ma così puntiglioso.

The Backmarker


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