L'unico posto al mondo in cui poteva svolgersi un'edizione dei Mondiali così speciale e coinvolgente poteva essere solo la patria del calcio, il Brasile.
La terra in cui il calcio non è sport, ma è una ragione di vita; la terra in cui ogni partita viene vissuta come se fosse quella decisiva; la terra in cui il futebol è bailado; la terra che sul rettangolo da gioco mostra la sua filosofia di vita. Tuttavia, nonostante tutte le polemiche sociali e politiche che hanno accompagnato questa competizione; le proteste nelle città; la ricchezza e la povertà che si incrociano a pochi chilometri dallo stadio e lo scandalo tangenti che si sta abbatendo sulla Fifa, il calcio giocato è sempre al primo posto.
Siamo arrivati quasi alla conclusione dei quarti di finale (mancano i match Argentina - Belgio e Olanda - Costa Rica) e, fino a questo momento, è stato un Mondiale da Dez ("dieci" nella lingua portoghese) per le grandi emozioni e per gli uomini che hanno deciso le sorti delle rispettive compagini.
EMOZIONI INFINITE - Quelle vissute in questa edizione dei Campionati Mondiali, sono state numerosissime. Nessuna partita scontata e sorprendenti capovolgimenti di fronte.
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| Yuichi Nishimura |
Esordio con il botto con la discussa vittoria del Brasile contro la Croazia e le polemiche del giorno dopo, per lo sciagurato arbitraggio del giapponese Nishimura; la clamorosa vittoria degli Oranje di Van Gaal per 5-1 sulla Spagna campione in carica. Il flop totale delle Furie Rosse, Italia, Inghilterra e Portogallo che escono dal Mondiale giocando un pessimo calcio. Il morso di Suarez. Le sorelle del calcio africano (Algeria, Ghana e Nigeria), che si confermano tra le migliori sedici del Mondo. La meravigliosa tenacia del Cile di Sampaoli, Vidal e Sanchez e lo scoppiettante Messico di Herrera. L'Argentina di Sabella, tutt'altro che brillante, ma salvata dalle giocate dell'alieno Messi; i Diavoli Rossi di Wilmots che mettono paura a tutti e la Francia trascinata dai gol di Benzema, dalle giocate di Valbuena ed eliminata "soltanto" dall'eterna Germania di Loew (che si riconferma nuovamente tra le prime quattro squadre al Mondo).
Ancor più emozionanti sono le storie di Costa Rica e Stati Uniti, che hanno disputato un Mondiale da favola: i primi sono arrivati ai quarti di finale da imbattuti, battendo Uruguay, Italia e pareggiando con l'Inghilterra; i secondi sono sopravvissuti al "girone della morte" di turno, sopravvivendo a Germania, Portogallo e Ghana, e sono stati eliminati da un Belgio, che ha trovato la qualificazione nei tempi supplementari.
L'IMPORTANZA DEL DEZ - Nel calcio moderno, del business sfrenato e delle cifre milionarie degli sceicchi "mancuniani" e "parigini", c'è un numero piccolo piccolo che domina su tutti: il numero Dieci.
Non è un numero, è il numero del calcio. E' un numero che anni addietro veniva indossato dal giocatore più forte e rappresentativo di una determinata squadra ed ha sempre rappresentato l'estro, la fantasia, la capacità di saper effettuare la giocata decisiva. Oggi, nel turbinio delle infinite cifre che occupano il dorso delle divise odierne, questo numero è ritornato a fare la differenza.
Oggi "il numero dieci" non è soltanto il classico trequartista (come i vari Platini, Maradona, Rui Costa, Zico, Rivera, Zidane etc. etc.) che agisce dietro il centravanti, o le due punte, ma è un giocatore rapido, dinamico che deve saper prendere la palla, anche un po' più in giù della trequarti, e può (o deve) ricoprire anche il ruolo di esterno di attacco o, addirittura, di seconda punta. Il Dieci è ritornato prepotentemente ad essere decisivo e ne sono un chiaro esempio il colombiano J. Rodriguez, il costaricense Ruiz, l'olandese Sneijder, il fenomeno brasiliano Neymar Jr., l'eterno Karagounis, il belga Hazard, l'algerino Feghouli ed ovviamente Messi.
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| James Rodriguez, alla sua destra Pablo Armero. |
Tutti giocatori che ricoprono il ruolo di "Dieci" in maniera esemplare ed ognuno a proprio modo, chi nella sua concezione più classica (come Sneijder, Karagounis e Ruiz), chi in chiave più moderna (come Neymar, Hazard e Messi). Una menzione speciale va al talento colombiano James Rodriguez, che ha incarnato il "numero dieci" in tutto e per tutto: nonostante la giovanissima età (classe 1991) ha saputo onorare alla grande quel numero che pesa come un macigno e, nonostante la gloriosa uscita di scena ai quarti contro il Brasile padrone di casa, ha condotto la sua Colombia ad uno storico quarto di finale da assoluto protagonista.
ODIPOO



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