giovedì 11 settembre 2014

"Una splendida annata" in Formula 1: 1987


Ogni stagione ha un motivo per essere ricordata, sia essa bella o brutta. Ogni annata ha delle caratteristiche, degli avvenimenti, delle novità che la rendono unica, inimitabile ed indimenticabile per i tifosi e per chi l’ha vissuta con intensità e soprattutto, meritevole di essere raccontata. Oggi, ad esempio, vogliamo parlarvi del 1987, ultima stagione vissuta nella sua interezza dal Drake Enzo Ferrari.

Lo scenario. Dopo la grande abbuffata data dalla presenza di tantissimi costruttori, come sempre accade in questi casi, a fine ’86 la F.1 si trova alle prese con una drammatica fuga da parte delle grandi case, sopraffatte dai costi troppo elevati. In previsione di ciò, malgrado i motori aspirati fossero stati aboliti a fine ’85 a favore del tutto-turbo, si decise di riammetterli con cilindrata maggiorata a 3500cc nella speranza di attrarre nuovi costruttori di motori e di telai. Come ulteriore incentivo, la FIA istituì addirittura un trofeo intitolato a Jim Clark per i piloti ed a Colin Chapman per i costruttori con vetture aspirate. Solo 5 vetture gareggiarono stabilmente con motori atmosferici (due Tyrrell, una AGS, una Lola ed una March), conquistando anche diversi piazzamenti in ragione dell’affidabilità ottima del Cosworth, ma non delle prestazioni, ancora troppo distanti da quelle dei motori turbo, malgrado per questi ultimi fosse stata decisa la riduzione delle pressione mediante l’adozione di una valvola wate-gate comune a tutti e fornita dalla FIA. Tra le squadre principali, confermata in toto l’equipe Williams, la McLaren (per l’ultima volta coi motori TAG-Porsche) prese Johansson dalla Ferrari, che lo sostituì con Berger proveniente dalla Benetton. Quest’ultima, orfana dei motori BMW, riuscì a garantirsi i turbo Ford e affiancò Boutsen al confermato Fabi. La Lotus, passata dal motore Renault a quello Honda e dallo sponsor JPS a Camel, per il secondo anno consecutivo affiancò al caposquadra Senna un pilota di modeste possibilità, facendo debuttare il giapponese Satoru Nakajima.

Il campionato. La stagione visse sostanzialmente sulla lotta tra i fratelli-coltelli della Williams, Mansell e Piquet, oltre a Senna e un Prost in affanno con una McLaren giunta al limite dello sviluppo del telaio MP4 e del motore TAG-Porsche, peraltro all’ultima stagione di corse. La conclusione della lotta si ebbe con un GP di anticipo, quando Mansell si schiantò duramente nelle prove libere di Suzuka infortunandosi alla schiena e dovendo rinunciare così alle ultime due gare. In questo modo Piquet, unico rivale ancora in lizza, poté conquistare il suo terzo titolo indisturbato. Grande assente la Ferrari, protagonista di un avvio stentato e poi di una fase centrale di stagione assolutamente disastrosa, in cui per 5 GP consecutivi non è riuscita a portare una sola vettura al traguardo, ma risorta nel finale grazie a due vittorie di Berger in Giappone ed Australia (qui con Alboreto secondo) e 27 punti conquistati (su 53 totali) nelle ultime due gare. Il trofeo Clark fu vinto da Jonathan Palmer, mentre la sua Tyrrell, che grazie anche all’altro pilota Streiff conquistò dieci vittorie di classe, conquistò largamente il trofeo Chapman costruttori.

Nelson Piquet su Williams, vinse il campionato piloti

La tecnica. Detto del ritorno dell’aspirato, la stagione mise in evidenza una nuova tendenza nella progettazione dell’anteriore delle vetture. Per quanto ancora robuste nella parte centrale, le vetture furono infatti assottigliate, assumendo un musetto sempre più a punta eliminando così le forme tondeggianti degli anni precedenti. L’unica vettura che conservò un muso squadrato e possente fu l’ormai vetusta McLaren. Dal fronte pneumatici, si registrò il ritiro della Pirelli, che lasciò alla Goodyear il monopolio di fatto per la fornitura delle gomme. Da segnalare una novità importantissima da parte della Lotus, ossia l’introduzione di un sistema “attivo” di sospensioni ancora rudimentale e poco affidabile, ma che fu il primo tentativo di portare un’innovazione che negli anni successivi sarebbe diventata standard, come dimostrò il fatto stesso che anche la Williams presentò un sistema sviluppato in proprio dal GP d’Italia in poi. Curiosamente, due costruttori storici come Lola e March, decisero di presentarsi al via del mondiale con due vetture di F.3000 adattate ai regolamenti ed alle esigenze della F.1.

L’Alfa fuggiasca. Ritiratasi ufficialmente alla fine del fallimentare ’85, l’Alfa Romeo aveva continuato a gareggiare grazie al Team Osella, che continuava ad utilizzare privatamente i motori del biscione, per quanto fossero ormai obsoleti, inaffidabili, poco potenti e, soprattutto, malgrado i ricambi a disposizione fossero sempre meno e sempre più logori. A fine ’86 la casa di Arese annunciò il proprio ritorno in pista con un’unità aspirata affidata alla Ligier. I test precampionato si rivelarono problematici e deludenti ed Arnoux, pilota designato assieme a Ghinzani, si lasciò andare a dichiarazioni poco lusinghiere sul motore e sull’impegno della casa, che furono utilizzate come pretesto dai nuovi vertici della casa italiana per ritirarsi di punto in bianco e lasciare la squadra francese in braghe di tela, costringendola a saltare il primo GP ed adattare frettolosamente la vettura ai motori Megatron. La realtà sul ritiro però era diversa. L’Alfa, in serie difficoltà, era passata nelle mani del Gruppo Fiat, il quale aveva già la Ferrari in F.1, e non aveva interesse a farsi da sola concorrenza sportiva (e negli investimenti) e pensò bene di cogliere la palla al balzo per cavarsi d’impaccio annullando il contratto seduta stante.

Wild wild card. Da quando era stata resa obbligatoria l’iscrizione a tutto il campionato, le presenza occasionali al via erano drasticamente diminuite, ma non scomparse. Il 1987 fu l’ultimo anno in cui si videro allineate ai nastri di partenza quelle che sarebbero state solo successivamente denominate “wild card”. Nessuna delle squadre di primo piano sfruttò l’opzione, mentre furono parecchie scuderie di seconda e terza fascia che pensarono di rinfoltire occasionalmente i ranghi. L’Osella, che schierava il solo Caffi, approfittò della gara di Imola per tirare fuori dal garage una seconda vettura vecchissima e lanciare nella mischia Gabriele Tarquini, mentre a Monza, Estoril e Jerez la seconda guida della squadra fu lo svizzero Franco Forini. La Larrousse, che schierava una vettura Lola, affiancò ad Alliot il promettente francese Dalmas per le ultime tre gare, mentre la Coloni debuttò con una vettura per Larini nei soli GP d’Italia e Spagna. Peggio andò alla Trussardi F.1, che non potè gareggiare nei previsti ultimi 6 GP in quanto di fatto era una Benetton gestita privatamente.


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