Ogni
stagione ha un motivo per essere
ricordata, sia essa bella o brutta. Ogni annata ha delle caratteristiche, degli
avvenimenti, delle novità che la rendono unica, inimitabile ed indimenticabile
per i tifosi e per chi l’ha vissuta con intensità e soprattutto, meritevole di
essere raccontata. Oggi vi parleremo del 1995, la prima stagione disputata
senza il mito di Ayrton Senna.
Lo scenario. Le terribili tragedie
della stagione precedente avevano portato la FIA ad eseguire numerosissime
modifiche regolamentari, intervenendo soprattutto sulla sicurezza passiva delle
monoposto, aumentando la severità dei crash test e riproponendo il foro di
uscita nell’airscope per ridurre l’apporto dello stesso al motore. Per
scongiurare nuovi disastri durante i pit stop, si decise di adottare nuovi
macchinari per il rifornimento, sempre di fabbricazione francese, mentre in
tutti i circuiti furono annegati dei sensori nell’asfalto per leggere i
movimenti delle vetture sulla griglia in caso di partenza anticipata. La
Benetton, controversa vincitrice del mondiale piloti ’94, si presentò al via
col campione in carica Schumacher e Johnny Herbert che aveva già guidato nelle
ultime gare della stagione precedente, sostituendo il motore Ford V8 (che andò
alla Sauber) col potente Renault V10. Confermata la coppia Ferrari Alesi-Berger,
mentre la Williams puntò ancora su Hill e sul giovane Coulthard, perdendo
Mansell che si accasò alla McLaren al fianco di Hakkinen prima di essere
sostituito da Blundell. La Sauber ripresentò al via il ristabilito Karl
Wendlinger, salvo rimetterlo in panchina dopo pochi GP, Pacific e Lotus si
fusero in un’unica disastrata scuderia, la Forti fece il suo debutto nel circus,
la Simtek si ritirò dopo Montecarlo e la Larrousse, che pure si era
regolarmente iscritta, non gareggiò in alcuna prova mondiale.
Il campionato. Completamente incentrato
sulla disperata rincorsa di Hill su Schumacher, il campionato fece il suo
esordio tra le polemiche in Brasile. Le vetture del tedesco e di Coulthard
(primo e secondo) furono infatti squalificate per aver utilizzato benzina
irregolare, salvo essere riammesse incomprensibilmente in appello, pur con la
perdita dei punti costruttori, a discapito di Berger, retrocesso al terzo
posto. Schumi ed Hill vinsero in totale 13 GP su 17, lasciando le briciole agli
altri, compreso Alesi, che vinse la sua prima ed ultima gara a Montreal. Il
culmine della rivalità si ebbe a Silverstone e a Monza, gare in cui la lotta
per il primato terminò con il tamponamento di Hill ai danni del tedesco. In
entrambe le occasioni a vincere fu Herbert e queste due vittorie, unite a molti
altri piazzamenti, consentirono alla Benetton di vincere il suo unico mondiale
costruttori. L’epilogo della stagione fu anticipato, dato che Schumacher riuscì
a chiudere i conti già ad Aida, terz’ultimo GP, ma la situazione si era già
messa male per Hill al Nurburgring, gara in cui era uscito per un rovinoso
incidente procurandosi anche una microfrattura ad una tibia.
La tecnica. Le modifiche imposte dalla federazione dopo i fatti del ’94 obbligarono tutte le squadre a costruire dei telai ex-novo, con la Williams che puntò per la prima volta sul muso alto e la Ferrari che tornò a quello basso. Passata sotto il controllo di Briatore, la Ligier presentò una vettura assolutamente identica alla Benetton B195, tranne che per la motorizzazione. La Federazione incredibilmente non prese posizione, consentendo così alla squadra francese di gareggiare liberamente per tutto il campionato. La questione del foro di uscita dell’airscope prese invece i toni di una barzelletta, visto che le squadre si erano attrezzate per far si che l’aria, invece di essere espulsa, venisse addirittura convogliata nel cassoncino. La Benetton in particolare (e con essa, ovviamente, la Ligier) si distinse per un foro che anche esteticamente era palesemente finalizzato a non perdere un solo filo d’aria. La FIA, incapace di dimostrare l’irregolarità di alcune soluzioni e di porvi rimedio, optò per l’eliminazione del foro da metà stagione in poi.
L’Affaire
Mansell. Nigel Mansell era rientrato trionfalmente in F.1 alla fine del
’94, guidando per una Williams ancora scossa dalla tragedia di Senna e
conquistando addirittura la vittoria nel 4° GP disputato, in Australia. Per il
’95 il munifico sponsor Marlboro lo ricoprì di denaro per siglare un clamoroso
passaggio alla McLaren. Le cose però non andarono come previsto. La MP4/10
motorizzata Mercedes era una bella gatta da pelare, tanto raffinata ed estrema
nelle forme, quanto agile e scorbutica, e poi aveva un problema molto serio:
era troppo stretta. Magari non in senso assoluto, ma per le generose forme del
Leone d’Inghilterra, si. Mansell decise così di lasciare il volante al
collaudatore Blundell per le prime due gare, nell’attesa che la squadra
allestisse una scocca “B”, più larga. Ad Imola finalmente Nigel si ripresentò
al via, raccogliendo un nono posto in prova, ma retrocedendo fino ad un
deludente decimo in gara, per di più a due giri dal vincitore Hill. Un’altra
prestazione pessima in Spagna, condita da un ritiro per cause non meglio
precisate, portò le parti ad una separazione relativamente poco dolorosa prima
che il rapporto potesse degenerare, col ritiro definitivo di Mansell ed il
ritorno al volante di Mark Blundell.
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| Mark Blundell su McLaren MP4/10 |
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| Nigel Mansell su McLaren MP4/10 |
Grazie, Adelaide. Nel ’95 si corse per
l’undicesima ed ultima volta ad Adelaide, nel Sud Australia, dall’anno dopo il
GP sarebbe passato sulle strade ancora oggi percorse di Melbourne. Adelaide,
nella sua non troppo breve storia, aveva regalato alla F.1 immagini
straordinarie ed emozioni grandissime, grazie ad un circuito abbastanza veloce
per essere un cittadino, ma selettivo per uomini e meccanica. Tra le altre, si
ricorda l’edizione ’86, con la lotta a tre Mansell-Piquet-Prost risoltasi a
favore del francese a seguito dell’errore strategico del box Williams, che non
fermò in tempo i piloti per il cambio gomme, costringendo Mansell a ritirarsi
per lo scoppio di un pneumatico e Piquet a rientrare troppo tardi. Nell’89
passò alla storia il rifiuto di Prost, ormai campione, che non prese il via per
la troppa acqua in pista. In un turbine di incidenti, la vittoria andò a Boutsen,
sempre efficace sul bagnato. Nel ’90 ci fu gloria per Piquet su Benetton,
mentre il ’91 segnò il record per il GP più corto della storia: solo 14 giri
tra macchine distrutte e nuvole d’acqua, prima che il monsone costringesse la
direzione gara a sospendere e poi dichiarare conclusa la gara. L’edizione ’95
rischiò di essere ricordata per il gravissimo incidente di Mike Hakkinen in
prova, con il finlandese piombato nel coma dopo una terribile botta ad
altissima velocità ma, dopo l’apprensione delle prime ore, le condizioni del
futuro campione del mondo migliorarono sensibilmente, facendo tirare un grosso
sospiro di sollievo a tutto il circus. Invece, l’ultimo GP di Adelaide fu ricco
di emozioni e selettivissimo, con Hill vincitore con due giri di vantaggio su
Panis, che percorse gli ultimi giri col motore in fumo a passo d’uomo,
terminando davanti ad uno splendido Morbidelli con la Footwork. Sesto fu Lamy
sulla Minardi che, per celebrare l’ultimo GP, gareggiò con la scritta “Grazie,
Adelaide” applicata sul cofano.
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| Lamy su Minardi con la scritta "grazie Adelaide" |
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