giovedì 18 settembre 2014

Una splendida annata nel motomondiale classe 500 – 2001



Ultimo modello di Honda NSR 500, con cui Valentino Rossi vinse l'ultimo motomondiale classe 500

Ogni stagione ha un motivo per essere ricordata, sia essa bella o brutta. Ogni annata ha delle caratteristiche, degli avvenimenti, delle novità che la rendono unica, inimitabile ed indimenticabile per i tifosi e per chi l’ha vissuta con intensità e soprattutto, meritevole di essere raccontata. Oggi vi parleremo della stagione 2001 della classe 500, l’ultima della storia di questa cilindrata.

Lo scenario. Il 2001 è stato l’ultimo anno di vita della classe 500 per cui, in preparazione all’avvento della MotoGP, l’Aprilia preferì lasciare per un anno e dedicarsi al progetto della nuova RS Cube per la categoria nascente. Per contro, la Honda presentò un’ulteriore evoluzione della fortunata NSR che però fu assegnata ai soli Rossi, Criville e Ukawa, mentre i due alfieri di Pons, Barros e Capirossi, oltre a Chris Walker per il team Shell, poterono contare sulla moto dell’anno prima. La Yamaha schierò invece ben 8 moto affidate a 4 team, provocando le ire di Biaggi, spaventato dall’imponenza dell’impegno della casa dei tre diapason e dal dubbio che la stessa non fosse in grado di gestire la situazione a dovere. Poco da segnalare per la Suzuki, se non la sostituzione di Aoki con Gibernau. La KR3 subì l’ennesimo cambio di nome passando da Modenas a Proton. In qualche GP si vide anche la Paton, ma senza risultati degni di nota, mentre il resto del roster fu completato da provati in sella alle Honda V2 e dalle antiquate Sabre e Pulse.

Il campionato. Come previsto, l’intera stagione fu incentrata sul duello tra Rossi e Biaggi, con Capirossi primo spettatore e Barros quarto incomodo occasionale. Gli italiani riuscirono a vincere 14 GP su 16, conquistando anche tutte le pole meno l’ultima a Rio. Nelle prime gare, il mondiale sembrava aver preso una precisa direzione, con tre vittorie di Rossi e Biaggi impelagato nei problemi della sua Yamaha, ma tra Le Mans e il Mugello, con Rossi terzo e poi caduto nel nubifragio, il romano riuscì, grazie ad una vittoria ed un terzo posto, a ridurre drasticamente lo svantaggio. Biaggi tenne botta fino alla pausa estiva, alternandosi al primo posto con Rossi ed approfittando di una brutta prestazione di quest’ultimo al Sachsenring per portarsi a soli dieci punti dal leader. Con la fine dell’estate, però, il romano incappò in una serie incredibile di errori, cadendo a Brno ed Estoril, per rimettersi in sella attardato e recuperare qualche punto, oltre che a Motegi e Sepang, dove fu costretto al ritiro. In mezzo, un decimo posto a Valencia con Rossi (che aveva vinto le altre gare citate) a ruota. La conquista definitiva dell’ultimo alloro da parte del centauro di Tavullia avvenne in Australia, battendo in volata proprio Biaggi. Nell’ultima gara di Rio de Janeiro, disputata in due manche per somma di tempi a causa della pioggia, Rossi riuscì a strappare l’undicesima vittoria della sua stagione trionfale, battendo Checa solo nella classifica combinata per poco più di un decimo, grazie all’involontario aiuto del doppiato West che aveva leggermente ostacolato lo spagnolo.

La tecnica. L’ultimo anno delle 500, come tutte le stagioni poste alla vigilia di un grande cambiamento, fu caratterizzato da un parziale disinteresse delle case, già tese con gli sforzi verso l’annata successiva. Detto della Honda, unica a presentare una moto sensibilmente evoluta, il pallino delle curiosità tecniche passò ai privati o ai costruttori “artigianali”. Messa in commercio nel 1996, la Honda V2 doveva raccogliere la lunga eredità della NS, moto semplice ed economica da gestire, vera miniera d’oro per i privati degli anni ’80. In realtà, a parte lo sviluppo del mezzo ufficiale del team Repsol, la casa madre non curò mai l’evoluzione delle moto vendute ai privati, lasciando campo libero all’estro di preparatori e telaisti di vario genere. Non a caso l’unica “vera” Honda V2 al via fu quella di Leon Haslam (poi affiancato da Brendan Clarke), mentre West e Veneman si schierarono con un mezzo su telaio costruito dallo specialista olandese Nikko Bakker, e Haruchika Aoki aveva una TSR che di Honda aveva solo il motore. Nel contempo,con la speranza di creare un mezzo più competitivo, il Team Sabre si presentò al via con una vecchia ROC Yamaha del ’94 (!!!), opportunamente rinominata, ridipinta e vagamente evoluta. Dal canto suo, il team Pulse puntò sul restyling e il cambio di nome di una MuZ del ’98-’99, che poi altro non era che la Elf del ’96-’97, che in realtà era l’evoluzione sostanziale della Elf ’95, ossia una ROC Yamaha del ’94!.

L’Aprilia mai nata. Dal ‘94 al 1997 l’Aprilia aveva gareggiato nella classe regina inseguendo un’idea utopica del progettista Jan Witteveen, schierando una 250 maggiorata a 400, potendo contare su una migliore gestione della potenza (comunque nettamente inferiore alla concorrenza) e su un peso ridotto per inserirsi nella lotta al vertice. Risolti gli iniziali problemi di affidabilità, la moto restò nel limbo di metà classifica non potendo recuperare in alcun modo i cavalli mancanti, essendo arrivato al limite di maggiorazione il motore. Preso atto dell’impossibilità di evolvere ulteriormente il mezzo, e constatata la maggiore competitività  la casa di Noale pensò di ritirarsi temporaneamente nel ’98 per riproporre la bicilindrica, stavolta a cilindrata piena, nel biennio ’99-’00. Malgrado le prestazioni migliori e qualche podio condito da pole position occasionali, il gap di potenza si rivelò incolmabile e l’Aprilia decise di acquistare da Rolf Biland una Muz Weber 500 del ’99 per cominciare a lavorare sul progetto di una 4 cilindri. Detto nelle righe precedenti dell’incredibile storia di questa moto, il mezzo venne subito ridipinto nei colori factory e poi scandagliato al microscopio per studiarne ogni dettaglio prima di procedere con la costruzione di un mezzo “autoctono”. La decisione della FIM di creare la MotoGP e imporre l’abbandono delle moto a due tempi a partire dal 2002 stroncò sul nascere il progetto, in quanto non avrebbe avuto senso spendere soldi per evolvere una moto con al massimo una stagione di corse da disputare. La casa italiana a quel punto spostò le risorse sul progetto RS Cube, che parzialmente riprendeva il concetto di minor peso e potenza ma maggiore guidabilità della bicilindrica. La storia della V4 rimase nascosta per qualche tempo, fino a quando "Motociclismo" non ebbe la possibilità di entrare nel reparto corse Aprilia e svelare il segreto, rivelando l’esistenza di una moto che non ha mai girato in pista e che non sapremo mai se e quanto avrebbe potuto essere competitiva.

La "misteriosa" Aprilia 500 V4, l'Aprilia mai nata

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